venerdì 28 settembre 2012

Non solo torte! ...Compito per casa: vediamo chi lo legge..poi voglio un commento però!


Capitolo 1

 

 

 


 

“Ahh pene d’amore!!”

Nel sentire quella frase Rhot si voltò di colpo. Si trovava in prigione da due giorni ma i suoi occhi non si erano mai scostati dalla finestra. Ora che osservava la stanza era molto spaziosa e...vuota. La cella era situata nel piano seminterrato del vecchio posto di guardia. Veniva utilizzata raramente e solo per reati minori, o per ospitare prigionieri di passaggio che venivano poi destinati a strutture più appropriate. Il villaggio era cambiato enormemente negli ultimi tempi, quello che un tempo era stato un tranquillo borgo della costa sud ora si era trasformato in un affollato porto con un imponente mercato, dove venivano scambiate merci di ogni tipo. Il commercio, che prima si svolgeva prevalentemente nelle ricche terre del nord, a causa della guerra si era via via spostato fino a raggiungere anche le assolate coste di Raschkord. Con l’aumentare degli scambi commerciali però era aumentata anche la criminalità, rendendo necessaria la costruzione d’edifici di detenzione più efficaci e sicuri.

Gli occhi, feriti dalla luce di una calda e soleggiata mattina d’estate, impiegarono del tempo per mettere a fuoco i dettagli. Alla sua destra una porta scura ed imponente bloccava l’accesso, c’erano due feritoie: una in alto che permetteva alle guardie di controllare l’interno e una in basso per far entrare il cibo. Sul pavimento abbandonate vicino all’entrata c’erano tre ciotole con del cibo, suppose fossero per lui, ma ovviamente in quel momento il cibo era l’ultimo dei suoi pensieri. Dovevano pensarla in modo diverso quattro o cinque mosche che trovavano tutto di loro gradimento. Rhot fece una smorfia di disgusto ma rise di se; non erano da lui certi comportamenti altezzosi, se le mosche avevano fame che si sfamassero pure. Sulla parete opposta alla porta appese al muro c’erano delle grosse catene, evidentemente non tutti i detenuti dovevano essere docili. I grossi mattoni che componevano l’edificio erano ricoperti di muffa e in alcuni punti filtrava dell’acqua, il tintinnio delle gocce che cadevano a terra sembravano scandire il tempo, un lungo e interminabile tempo. Il fondo del locale di fronte a lui non era ben illuminato ma poteva con estrema certezza affermare di essere solo. Allora chi aveva parlato.

Guardò ancora a destra e a sinistra, si diede un paio di colpi ad un orecchio e poi all’altro come per far tornare al loro posto le idee, strizzò con forza gli occhi con i pugni e sospirò.

“Forse le mie sorelle hanno ragione, sono tutto matto!”

Lo disse ad alta voce cercando di riempire il silenzio che pesava su di lui, si sedette di nuovo alla finestra, sconsolato all’idea di aver perso definitivamente la ragione.

Erano passati pochi minuti e il suo stato d’animo continuava a passare da allerta, la voce lui l’aveva sentita, a sconforto, era in carcere e come se non bastasse stava impazzendo.

Una fragorosa risata gli cadde addosso come un secchio d’acqua gelata. Rhot saltò in piedi come se il demonio gli si fosse parato davanti, il cuore rischiava di uscirgli dal petto e le gambe quasi non lo reggevano più.

“Sei così assorto dai tuoi pensieri che in due giorni non ti sei mai accorto di me!”

Il ragazzo socchiuse gli occhi, ancora nulla.

“Più a destra...ancora...più su...su...ci sei quasi....Mi vedi ora?”

Non poteva credere ai suoi occhi. In un angolo della cella appesa al soffitto si trovava una piccola gabbia e al suo interno la creatura più bizzarra che avesse mai visto.

“Il mio nome è Arkot, per servirla mio signore!”

Nella gabbia lo strano esserino si profuse in un bizzarro inchino per poi scoppiare a ridere fino alle lacrime.

“Non ti trovo affatto divertente.” Sibilò Rhot, ma i suoi occhi svelavano una certa curiosità.

Il suo compagno di cella si ricompose e cercò di ritrovare un certo contegno, inutile dire che il tentativo fallì miseramente, iniziò a ridere nuovamente aggrappandosi alle sbarre della sua "cella privata”.

“Insomma mi vuoi dire chi sei o meglio Cosa sei?”

“Si, si ooohhh si hai ragione, sono un vero maleducato, insomma ridere così senza nessuna vergogna, un vero villano! Ahahhaa scusa, scusa ora la smetto! Come ti ho già detto il mio nome è Arkot e tu sei.....”

“Io mi chiamo Rhot.”

“Oh si certo il fattorino, ho sentito parlare di te”

“Come sarebbe a dire, chi ti ha parlato di me?”

“Le ninfe, sai sono delle gran chiacchierone! E tu... non passi certo inosservato; pur non conoscendoti di persona posso affermare con estrema certezza che tutta questa cittadina ti conosce fin troppo bene.”

Rhot, che fino a quel momento aveva cercato di mantenere un atteggiamento fermo e fiero arrossì violentemente. Non aveva idea che le sue imprese lo avessero reso tanto famoso.

“Su dai non ti vergognare ci vuole qualcuno a tenere vivo questo posto, tutti troppo impegnati a pensare al commercio e alle guerre, non sai le risate che mi faccio quando mi raccontano le tue marachelle!” 

Il ragazzo lasciò cadere verso il pavimento le braccia e spalancò la bocca.

“Questo intendevi quando palavi delle mie imprese!!” Cercò di sembrare indignato ma la bocca non voleva saperne di richiudersi.

“Ahahahha e cosa credevi, certo non sei un condottiero!”

“Un giorno lo potrei diventare! Cosa credi ci sto lavorando....”

Incrociò le braccia davanti a lui e alzò il mento, con la coda dell’occhio vide che il suo piccolo nuovo amico sorrideva appoggiato alla gabbia.

“Tu sai tutto di me ma non mi hai ancora detto nulla che ti riguardi.”. Cercò di cambiare discorso in modo da evitare di approfondire il discorso che riguardava i guai che ogni giorno provocava in città e Arkot decise di non infierire ulteriormente.

“Già hai ragione. Il nome te l’ho detto? Si si quello si. Dunque, vengo dall’antica foresta di Naskarat e come puoi ben vedere sono un bombomo!”

Rhot cercò di trattenere le risate più che poté ma il suo tentativo fallì del tutto.

“Un “bombomo” ma che nome è!!Ahahahah”

“Insomma non sono certo io che scelgo i nomi.”. Cercò di difendersi “E’ il nome della mia stirpe che ti piaccia o no. Sappi che non è molto carino da parte tua!”

“Scusami  hai ragione, non volevo offenderti, ma devi ammettere che è un nome buffo.”.

Cercò di avvicinarsi per vedere meglio all’interno della gabbia. Quello che riuscì a scorgere al suo interno, lo lasciò senza fiato, di certo non aveva mai osservato una creatura così incredibile. Il piccolo individuo  che divideva la prigionia con, lui era, infatti, per metà uomo mentre l’altra metà mostrava le caratteristiche di una grossa ape. Sulla testa spuntavano due minuscole antenne nere, i capelli scendevano lunghi sulle spalle per poi richiudersi sotto il collo come una specie di criniera, alla base della testa erano nerissimi mentre verso il collo diventavano di un bel colore dorato. Gli occhi avevano la pupilla completamente nera e lucida. Indossava una specie di bardatura sulle spalle con delle cinghie di pelle che si incrociavano sul torace nudo. Ma la cosa più sorprendente era che al di sotto della vita il corpo diventava quello di un’ape con un grosso addome ricoperto di peluria a strisce nere e gialle. Il tutto sorretto da quattro zampe esili ma dall’aspetto forte. Sulla schiena poi spuntavano due bellissime ali color dell’ambra.

“Incredibile!”

“Si, effettivamente me lo dicono tutti!” Arkot cercò di darsi un tono e fece un grosso sorriso. “Non capita spesso di incontrare una tra le più rare creature dell’antica foresta di Naskarat!”

“Bhè a me non di certo!” Esclamò Rhot. “ Ma cosa ci fa una creatura come te in un posto simile?”

“Sicuramente un errore,  nulla di grave in ogni caso, ma raccontami di te sono sicuro che la tua storia è più interessante della mia.”.

Rhot improvvisamente fu scosso come da un lungo sonno. Dalla strada che passava vicino alla finestra della prigione, giungeva un insolito baccano. Corse a vedere come se ciò che stava accadendo fosse di vitale importanza.

“Ecco ci risiamo, ora tornerà alla sua finestra e si dimenticherà di nuovo di me!” Arkot fece un gesto di teatrale disperazione lasciandosi cadere sul fondo della gabbia.

“Insomma mi vuoi dire perché sei qui, ma soprattutto cosa c’è di così importante oltre quelle sbarre?”

Rhot distolse lo sguardo deluso, fuori un gatto aveva cercato di rubare un grosso pesce in un banco del mercato mattutino, creando un grande scompiglio. Non era certo quello che sperava di vedere.

“Sono due giorni che sei qui e non lasci mai la finestra, non dormi, non mangi, ti ammalerai se continui così, non sei certo un colosso per permetterti certi digiuni! Dai cosa avrai mai combinato?”

Il ragazzo si voltò e un sorriso beffardo  gli si dipinse in volto.

“Ma tu non sapevi tutto di me!”

“Ehi quelle impiccione delle ninfe mica mi possono venire a raccontare i tuoi affari qui dentro!”

“Diciamo solo che Chordon mi ha trovato un po’ maleducato.”.

“il Capo Supremo della Guardia?! Quel grossissimo pallone gonfiato! E che gli avrai mai fatto? Hai dimenticato di fargli una doppia riverenza al suo passaggio?”

“In verità sostiene che sono stato maleducato con la figlia, ma a me non sembrava che a lei dispiacesse!” Fece un sorriso sornione e rivolse di nuovo la sua attenzione all’esterno.

“Brutto mascalzone! Ahahaha appena lo racconterò alle ninfe... dunque è per lei che ti struggi a quella finestra!”

“No” Lo sguardo di Rhot si fece di nuovo cupo.

“Su racconta...”

Rhot sospirò nuovamente, si scostò dalla finestra per raggiungere i pressi della gabbia.

“E’ successo tutto un paio di giorni fa. Come ti ho già accennato ero con Lussilla la figlia di Chordon, non so se l’hai notato ma è molto carina!! Al contrario del padre. Comunque, stavamo passeggiando insieme e il comandante ci ha visti, certo un semplice fattorino come me non si dovrebbe permettere nemmeno di sbirciare il viso della sua figlioletta adorata. Fatto sta che ha cominciato ad urlare come un ossesso e ad inseguirmi. Io da parte mia sono il genio della fuga specie tra la folla del mercato ed è allora che mi è successa una cosa incredibile. Mi trovavo nei pressi del tribunale, ero riuscito a nascondermi in un vicolo poco in vista. Camminavo velocemente guardandomi alle spalle, non mi aspettavo certo di incontrare qualcuno in un vicolo così appartato. Certo non ero attento a quello che mi capitava di fronte e, infatti, sono andato a sbattere contro qualcuno e il colpo mi ha sbattuto a terra, mentre cercavo di rialzarmi pensai che si dovesse trattare di un gigante, poiché mi era sembrato di scontrarmi con un muro,  e con mia sorpresa mi ritrovai davanti una ragazzina bizzarra!”

“Ti sei fatto stendere da una ragazza ahahaha!” Il bombomo era divertito e incuriosito dalla piega che stava prendendo la storia del suo giovane amico.

“Aspetta a ridere, fammi finire.” Arkot tornò serio e sedette ad ascoltare.

"Cercai di rialzarmi in tutti i modi ma non ci riuscivo. Sentivo una strana forza che mi teneva schiacciato a terra. Ad un certo punto mi arresi e fu allora che mi soffermai ad osservare la persona che mi stava di fronte. Credo avesse circa la mia età, intorno ai quindici anni insomma. Indossava un vestito bizzarro; la gonna sfiorava il terreno ed era di un bel colore amaranto con dei fiori stilizzati di colore nero che sembravano sfumarsi man mano che salivano verso la vita. Un lungo pastrano nero che mi ricordava quello dei pirati, si stringeva sulla vita sottile. In testa indossava un enorme cappello a cilindro con una fascia dello stesso colore della gonna. Aveva lunghissimi capelli color argento, proprio come i miei, e arrivavano a sfiorarle il fondo della schiena. Il viso bellissimo con una carnagione chiara e luminosa. Infine sulla fronte aveva uno strano simbolo.”.

"Simbolo? " Arkot sembrava perplesso.

"Un cerchio con un disegno al centro il tutto di colore blu scuro."

"Un Mago Supremo!" Bisbigliò Arkot, poi continuò a bisbigliare tra se e se come se Rhot non fosse più lì. "Ma è troppo giovane e poi... una ragazza, non si era mai vista una cosa del genere, ma non ci sono dubbi, il simbolo, i vestiti..."

"Mago Supremo? Insomma mi vuoi spiegare?!" Rhot era confuso.

"Poi che è successo?" Fece roteare la mano per fargli segno di continuare.

"Insomma mi vuoi spiegare..." Il ragazzo cercò in tutti i modi di sapere qualcosa in più ma il bombomo insisteva per sentire la conclusione della storia. "D'accordo ora continuo ma tu mi devi delle spiegazioni! Dunque, dov'ero rimasto? Ero a terra e mi volevo rialzare, ma non c'era nulla da fare. Ad un certo punto questa strana ragazza ha allungato le braccia verso di me, molto lentamente, ha voltato il palmo delle mani verso il cielo facendo materializzare una sfera di luce ed energia, poi l'ha scagliata verso di me. A quel punto ero terrorizzato, pensavo volesse uccidermi, invece ho sentito solo un gran calore e quella strana luce era tutta intorno a me, ma non succedeva niente. Ad un tratto la luce è scomparsa mi sentivo stanco come se avessi fatto un enorme sforzo, i muscoli indolenziti e le gambe che tremavano. E' stato allora che lei ha sorriso, ma non cera nulla di dolce nel suo viso, sembrava più un ghigno di soddisfazione e ha mormorato qualcosa, mi è sembrato dicesse .... Occhi di drago"

Arkot impallidì con violenza, sembrava stesse per perdere i sensi, fece cenno al ragazzo di continuare e Rhot capì che non era ancora il momento di chiedere spiegazioni.

"A quel punto sono riuscito ad alzarmi. Lei si era voltata e stava per andarsene, così l'ho afferrata per un braccio per fermarla. Avresti dovuto vedere i suoi occhi, da vicino si notavano delle piccole pagliuzze dorate e l'iride era di un colore caldo come il fuoco, eppure il suo sguardo mi ha gelato il sangue. Ho preso coraggio, volevo sapere chi fosse, e le ho chiesto il nome." Rhot tornò lentamente verso la  piccola finestra e strinse con forza le sbarre, l'apertura si affacciava a livello della  strada, un gruppo di bambini correva ridendo lì vicino, li guardò allontanarsi velocemente facendo svolazzare le lunghe gonne delle donne che ogni mattina affollavano il mercato. Si appoggiò con la schiena al muro e si lasciò scivolare lentamente verso il pavimento. "Ha detto che un giorno lo scoprirò e allora non lo potrò più dimenticare. Con uno strattone ha liberato il braccio dalla mia stretta e se n’è andata senza più voltarsi." Abbassò gli occhi verso il pavimento e cominciò a giocherellare con la stoffa leggera dei suoi pantaloni.

"Ed è allora che hai capito d’esserti innamorato!" Il viso del ragazzo arrossì, a quanto pare Arkot aveva colto nel segno.

"Non so nemmeno chi sia, e poi mi ha trattato così male, chissà che razza di magia mi ha fatto. Piuttosto ho notato che mentre ti raccontavo la mia storia hai avuto delle strane reazioni, mi vuoi spiegare?!" Rhot sperava che il suo nuovo amico potesse dirgli qualcosa di più riguardo quello che gli era successo.

Dalla sua piccola gabbia Arkot si stava strofinando la testa meditabonda. "Di sicuro ti potrei aiutare a scoprire qualcosa ma non ti posso garantire nulla e in ogni modo non qui e ora, dammi del tempo, appena sarò fuori  mi darò da fare per avere delle informazioni."

"Io oggi dovrei uscire, ma non ti preoccupare da questo villaggio di sicuro non scappo, e sono sicuro che tu saprai come trovarmi siccome mi conosci così bene!"

I due rimasero in silenzio per il resto del tempo in cui condivisero la cella. Nelle prime ore del pomeriggio giunse una guardia per far uscire il ragazzo, il carceriere era un omone grosso e dall'aspetto non molto intelligente. 

"Il comandante si augura che tu ti sia schiarito per bene le idee!" Rhot lo guardò con indifferenza. Sulla porta della cella si voltò verso Arkot e cercò il suo sguardo "Ci rivedremo?" Lo chiese con poca convinzione pensando che lo strano esserino sarebbe scomparso dalla sua vita con la stessa velocità con cui vi era entrato. Arkot sollevò lo sguardo fiero, sorrise e gli fece un leggero cenno con il capo.

La porta della cella si chiuse con violenza. Il prigioniero rimasto solo nella stanza voltò lo sguardo verso la finestrella e intravide il suo ex inquilino allontanarsi lentamente verso la strada principale. Socchiuse gli occhi e un ghigno gli si dipinse in volto "Oh si! Ci rivedremo molto presto mio piccolo amico!".

 

 

 

 

 

 

 

 

Rhot si avviò lungo la strada principale senza una meta ben precisa, di tornare a casa nemmeno a parlarne, sicuramente le sue sorelle erano infuriate, meglio prendere un po’ di tempo.

“In guardia! Avanzo di galera!”

Rhot guardò a terra scuotendo la testa “Kaio amico mio!”. L’enfasi che mise in quella frase fece sorridere entrambi. Kaio era davvero suo amico e lo era da prima che potesse ricordare. Avevano riso e pianto assieme, avevano giocato e lottato. Ogni volta che aveva voltato lo sguardo lui era lì a sostenerlo, da sempre lo aveva protetto e difeso. A volte Rhot si era sentito a disagio per la sua incapacità di affrontare determinate situazioni, ma non era mai stato deriso per questo. Alzò lo sguardo e si voltò Kaio era lì, l’aveva aspettato fuori dalla prigione. Lo guardò piegando la testa, lo scrutò con attenzione dalla testa ai piedi, come se fossero passati anni dall’ultima volta che si erano visti. Kaio sorrise. Era incredibile quanto cresceva rapidamente, avevano entrambi quindici anni, ma Kaio sembrava già più grande. Erano in quell’età dove si diventa grandi in fretta e lui con la sua straordinaria altezza, la pelle brunita dal cocente sole del sud, i capelli corti corvini e le fattezze da guerriero, plasmate da interminabili ore di allenamento lo avevano reso imponente. Al contrario Rhot era mingherlino e costantemente pallido, sembrava che il sole non potesse in nessun modo scalfirlo. Aveva lunghi capelli color argento che andavano a sfiorargli le spalle, era un colore di capelli insolito per quelle terre, infatti, non passava mai inosservato. La diversità fisica che lo contraddistingueva in passato gli aveva creato non pochi problemi, a volte i bambini sapevano essere  veramente crudeli, ma poi infondo c’era sempre il suo amico con lui, e nessuno aveva mai il coraggio di contraddire Kaio. 

“Dovremmo lavorare un pò sulla tua immagine, non trovi?” Sembrava che Kaio avesse letto i suoi pensieri.

“Lo sai benissimo che non mi piace combattere! Per me è già dura fingere di amare le battaglie quando sono con tuo padre, credimi non ce la farei a sopportare anche te con questa mania della guerra, la spada, le battaglie, i nemici da sconfiggere.” Agitò la mano con non curanza. “Non fa proprio per me!”.

Kaio rise divertito, si avvicinò e mise un braccio intorno alla spalla all’amico. Fu allora che Rhot si accorse di una brutta ferita sulla fronte di Kaio.

“Cosa ti è successo alla fronte?” Chiese preoccupato.

“Impazzava la battaglia, i nemici ormai mi avevano accerchiato, io non trovavo modo per fuggire così li ho affrontati tutti. Saranno stati quindici guerrieri delle armate demoniache. E’ stata una dura battaglia ma non sono stato sopraffatto.”

Rhot si era fermato alcuni passi indietro, il viso si era rabbuiato. “ E’ stato di nuovo tuo padre vero?”

Kaio si voltò con il viso allegro come sempre, cercò di abbozzare una scusa, ma capì che non era il caso. La sua espressione si fece dolce, si strinse nelle spalle.

“Non è cattivo, vuole solo farmi diventare un bravo guerriero. Ha semplicemente paura di perdermi in battaglia perché non mi ha addestrato a dovere.”

“La  guerra è lontana, non dovrai combattere come tuo padre.”

“Oggi è lontana, solo oggi. Ho sentito parlare un generale amico di mio padre, a  nord ormai c’è solo distruzione, la guerra è dura e non la possiamo fermare solo con la speranza. Come se non bastasse inoltre sembra che si siano scomodati anche i Maghi Supremi, a quanto pare la loro associazione non è più così compatta, sembra che alcuni membri si siano uniti alle armate demoniache.” Mentre parlava, con lo sguardo perso verso l'orizzonte, sembrava già un uomo.

Rhot al contrario era spaesato. “Maghi Supremi?”

Kaio si portò entrambe le mani al viso con aria disperata “Perché non sai mai nulla! Possibile che tu viva solo nel tuo mondo? Maghi Supremi, Draghi, Tigri non ti dice proprio nulla?”

Rhot aveva sentito un brivido quando l’amico aveva pronunciato le parole “Mago Supremo” ma non voleva ancora svelare il suo misterioso incontro, non gli aveva mai nascosto nulla e adesso si sentiva un po’ in imbarazzo. Alzò le mani in segno di arresa e sorrise.

“Non ci sono proprio speranze con te!” Sentenziò Kaio.

“Già, non ci saranno più speranze per me appena rientrerò dalle mie sorelle!” Si voltò ridendo e corse via tra i banchi del mercato.

Effettivamente non voleva tornare a casa, Rhot viveva solo con le sorelle, tre gemelle identiche, non aveva mai conosciuto i genitori, erano morti in un incidente quando ancora era molto piccolo, ma le sorelle non ne parlavano volentieri e quindi non sapeva esattamente come era andata. In compenso sapeva benissimo cosa lo attendeva al suo ritorno, una bella ramanzina e molto lavoro extra, decise di prendersi del tempo.

Era ormai giunto alla periferia della città quando con forza inaudita si sentì trascinare per un braccio all’interno di un vicolo. Venne sbattuto contro il muro per poi finire a sedere su delle casse di legno vuote, nell’impatto una si ruppe ferendolo ad un polso. “Hei  così mi ammazzi!” Non riuscì a finire la frase che subito fu rialzato di peso, i suoi piedi sfioravano appena il terreno, ma fu rimesso subito a terra, questa volta con più delicatezza.

“Sei sparito per tre giorni, cosa ti aspettavi, le tue sorelle sono spaventate a morte. Quando metterai un po’ di sale in quella zucca vuota che ti ritrovi?”

“Questa volta non è colpa mia!” Cercò di giustificarsi Rhot. “E poi cosa avrò mai fatto di così terribile. Tu non sei mio padre e non puoi decidere della mia vita.”

L’uomo che aveva di fronte lo sovrastava, aveva lo sguardo duro e il suo respiro attraverso i folti baffi era affannoso. Rhot aveva esagerato con quelle parole e sapeva di averlo ferito, glielo leggeva negli occhi.

“Già io sono solo il fornaio per cui lavori, non sono nessuno.” Si voltò verso la porta del retrobottega del suo negozio.

Rhot sollevò una mano per toccargli la schiena. “Chesar, scusami…”

Il fornaio giro appena la testa sopra la spalla e abbozzò un sorriso pieno di tristezza. “C’è la guerra Rhot ricordalo, io non sono tuo padre è vero, ma ti voglio bene come un figlio. Io mi preoccupo per  te da quando eri in fasce, sei vivace e curioso e questo ti caccia spesso nei guai, lo so sei giovane e devi sperimentare, ma devi pensare anche alle tue sorelle, sono più grandi di te ma hanno pur sempre bisogno di qualcuno che le aiuti a curare la casa e il terreno e che le difenda. Se la sono sempre cavata da sole ma adesso devi stare loro accanto.”

“Perché parlate sempre della guerra, hanno detto che non arriverà  mai a sud” Guardando Rhot pronunciare quelle parole Chesar rivide in lui il bambino che aveva visto crescere, gli appoggiò una mano sulla spalla e sorrise “Le tue sorelle hanno bisogno di te, vai a casa”.

Il fornaio rientrò nel negozio richiudendosi la porta alle spalle.

“Era Rhot?” al bancone c’era la moglie di Chesar .Cecilie era una donna minuta di straordinaria bellezza e dolcezza, era incredibile la diversità che correva tra i due coniugi ma tale differenza li aveva resi una coppia incredibile.

“Si era lui”rispose cupo, Chesar si stava strofinando le mani sul grembiule, era un gesto di nervosismo e la moglie lo sapeva bene.

“Non pensate sia ora di parlare con lui di certi fatti? Tu e le sue sorelle non potete tenere il segreto ancora a lungo! Come se non bastasse pare che siano arrivati i Maghi Supremi in città, sai benissimo che questa storia non può andare avanti ancora a lungo” Non aveva mai avuto il coraggio di manifestare così apertamente le sue idee al marito e ora era molto preoccupata per la reazione che poteva avere.

“Draghi e Tigri” Scosse la testa, battendo i pugni sul tavolo alzò una gran nuvola di farina “La questione doveva rimanere morta e sepolta”

Cecilie guardò con dolce compassione il marito trascinare il suo peso al piano superiore. Sospirò, quello non era più l’uomo che aveva sposato, suo marito se n’era andato il giorno in cui era arrivato Rhot e forse non l’avrebbe più rivisto.

 

 

 

La luce si rifletteva sulla superfice del piccolo lago posto a confine tra la casa di Rhot e i vasti possedimenti di Chordon. A sud si trovava la foresta magica, luogo inviolabile dagli esseri umani, e casa delle piú incredibili creature. Tutto intorno al lago la vegetazione era rigogliosa con enormi alberi secolari e fiori di ogni tipo, si raccontava che il meraviglioso paesaggio ai margini del lago, fosse opera  degli incantesimi delle fate dei fiori e che al crepuscolo fosse possibile ammirarle curare ogni angolo di quel'incantevole giardino. Fin da quando era un bambino era il posto che Rhot preferiva. Proprio lì aveva conosciuto Lussilla quando ancora erano molto piccoli. La campagna, specie d'estate, era meravigliosa e Rhot ne restava ogni volta incantato.

"Non dovresti far preoccupare le tue sorelle in questo modo, loro ti vogliono molto bene!" Un lungo silenzio rese l'aria pesante, Rhot si prese del tempo per annusare il dolce profumo di gelsomino che giungeva alle sue spalle. Non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi. "Lussilla non dovresti essere qui. E in quanto alle mie sorelle so che mi adorano ed è proprio per questo che sto ritardando il rientro a casa. Ogni volta che mi sgridano leggo la delusione nei loro occhi. Ecco cosa sono, una continua delusione!"

Una leggera brezza e un delicato profumo di bucato investono il viso del ragazzo, chiuse gli occhi e assaporò quell'attimo. Lussilla con estrema grazia si sedette accanto a lui appoggiando la testa sulla sua spalla. Solo allora Rhot socchiuse gli occhi e la guardò, Lussilla era così bella.

La loro amicizia durava ormai da anni, le sorelle di Rhot lavoravano come cuoche e domestiche nella villa del padre della ragazza.

"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?"

Lussilla sorrise, sollevò lo sguardo e guardò l'amico.

"Certo, come potrei dimenticarlo, ti ho salvato la vita e da allora mi sei debitore. Ricordi, l'hai giurato!"

"Avevi un bel vestitino bianco e profumava di gelsomino proprio come oggi."

"E tu ti eri arrampicato su questo salice e non riuscivo piú a scendere." Lussilla rise, Rhot la guardò con dolcezza.

"Non l'hai mai raccontato a nessuno vero?" Rhot cercò di assumere un'espressione di rimprovero ma un ampio sorriso gli illuminò il volto.

"Nemmeno Kaio lo sa. Il tuo onore è salvo."

"Lussilla ora è meglio che tu vada o tuo padre ti sgriderà."

La ragazza si alzò, tolse alcuni fili d'erba che erano rimasti impigliati nel ricamo della gonna, e rimase in silenzio alcuni istanti a guardare l'orizzonte. Oltre il lago si stagliava l'oscuro intreccio della magica foresta di Naskarat, non si riusciva ad intravedere molto, le ninfe avevano innalzato una fitta cortina per proteggere il loro mondo da occhi indiscreti. Gli occhi di Lussilla si velarono di tristezza.

"Dicono che la foresta si stia spostando." Rhot alzò lo sguardo verso l'amica ma non disse nulla. "La notte gli alberi gemono, e ascoltando con attenzione si possono sentire i canti delle streghe arrivare fin qui. Pare che il Re delle creature magiche stia cercando il modo per salvare la foresta dall'arrivo della guerra."

"Sei venuta di nuovo qui di notte? Non vorrai anche tu..."

Rhot fece morire la frase a metà non trovando il coraggio di continuare.

"Puoi dirlo, non ti preoccupare. Comunque la risposta è no, non voglio finire come mio fratello. Questo però non vuol dire che smetteró di aspettarlo qui dove l'ho visto sparire."

Tre anni prima Lussilla stava cavalcando con il fratello maggiore vicino al lago. Si erano fermati giusto il tempo per far riposare i cavalli quando una creatura magica aveva attraversato il lago a pelo dell'acqua[...]. Nessuno in seguito credette al racconto di Lussilla, ma lei era convinta che un giorno il fratello sarebbe tornato.

"Pensi veramente che tornerà?" chiese Rhot con un filo di voce.

"Certo!" gli occhi della fanciulla si fecero piú dolci e si riempirono di lacrime. "Nemmeno tu mi credi."

Rhot arrossì violentemente, si alzò di scatto, si avvicinò a lei e appoggiando le mani sulle sue spalle l'attirò con delicatezza a lui.

"Crederó a tutto quello in cui credi tu e se vorrai starò qui con te ad aspettare."

Lussilla sfioró la mano del ragazzo con la guancia e una lacrima scese a rigarle il viso.

 

 

"Anche in un momento come questo non hai pensieri che per i tuoi fiori?" Sara aveva un'espressione dura in viso mentre Siria sembrava spazientita dalla noncuranza che dimostrava Alita.

Se uno sconosciuto fosse passato in quel momento sarebbe rimasto sbalordito dal quadro che gli si offriva. Le tre sorelle di Rhot erano, oltre che di una bellezza straordinaria, assolutamente identiche. A volte anche Rhot aveva difficoltà a distinguerle non fosse stato per il loro carattere e modo di porsi. Erano estremamente alte e magre, i capelli biondi tanto chiari da sembrare bianchi scendevano oltre le scapole. Era usanza del luogo che le donne, non ancora sposate,  portassero i capelli raccolti in lunghe treccie e legati con nastri colorati. Da parte loro le tre sorelle non avevano mai dato importanza a tale uso e i loro lughi capelli, liberi di svolazzare al vento, avevano creato non poche  polemiche e alimentato altrettante chiacchiere. Le tre ragazze comunque non si erano mai curate di certe dicerie. I loro visi erano perfetti, con lineamenti nobili e fieri. Gli occhi di un'intenso turchese avevano fatto girare la testa a molti giovani del luogo. Le lusinghe non le avevano mai minimamente scalfite, sembravano estranee ad ogni avvenimento che si svolgeva attorno a loro, come se la vita che correva frenetica attorno a loro non le riguardasse.

"Penso sia il caso di riunirci." Intervenne Siria raccogliendo da terra il cesto che la sorella aveva riempito di tulipani.

"E subito! Non c'è tempo da perdere." Volle sottolineare Sara.

Alita con tutta calma, senza alzare mai lo sguardo, continuó a strappare erbacce dal terreno. Si rivolse alle sorelle con tono pacato e fermo. "Tu pensi... E lo dovremmo fare subito. Da quando queste decisioni spettano a voi?" Il tono ora era diventato freddo, Sara e Siria si resero conto di aver parlato a sproposito.

"Non volevamo mancarti di rispetto, ma Rhot manca ormai da piú di due giorni e nessuno ha saputo darci notizie!" Siria pronunciò tutta la frase d'un fiato e con un filo di voce, se non avesse fatto così non avrebbe mai avuto il coraggio di rivolgersi alla sorella in quel modo. A quel punto Alita si alzò da terra e guardò le sorelle che a loro volta arretrarono di un passo.

"Ma io so dov'è." Disse infine. Le sorelle guardarono Alita perplesse.

"Se è una riunione che volete entriamo in casa, Rhot sarà qui a momenti."

Da dietro un albero il ragazzo cercò di carpire qualche frammento del discorso delle sorelle ma era troppo lontano e il rumore del torrente che scorreva vicino alla loro casa era troppo forte. Quello che riuscì però a vedere fu i loro sguardi seri, intuí che stavano parlando di lui e ovviamente non ne fu felice.

"Staranno decidendo che punizione darmi.

 

 

6 commenti:

  1. non è neanche un rotolo.... O.o mi bastavano i primi 5 righi che non ho letto!!!

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  2. Fantastico!!!!! voglio anche gli altri capitoliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!! in anteprima ovviamente!!!! e il libro autografato, qnd uscirà!!!! in un solo capitolo mi hai fatto venire una curiosità assurda!!!! nn vedo l'ora di sapere di più! se era una "prova" per sapere se continuare a scrivere, per me l'hai superata alla grande!!! e ribadisco VOGLIO TUTTO IL LIBROOOOOOO!!!! Grande Silvia!
    Un bacio
    Annalena
    ps. Licia Troisi ti fa una pippa!!! ^.^

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    1. Ahahahahah tesoro mi vuoi proprio bene! La troisi è un mito!

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  3. aspetto con ansia il secondo capitolo... mi piace!!!!!!!! sono curiosissima di sapere come va avanti... cmq mi stupisci anche scrittrice!!!!!!!!!!

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